Dalle neuroscienze all’HR: un cambio di prospettiva
Cosa si intende con neuroleadership
Secondo Neuroleadership: a new way for happiness management (Ruiz-Rodríguez et al., 2023), la neuroleadership integra conoscenze su funzioni cerebrali e processi cognitivi nella gestione organizzativa.
Tre sono i pilastri principali:
- approccio manageriale
- implicazioni psicologiche
- tecnologia/formazione
La novità non è tanto “motivare meglio”, ma comprendere i meccanismi neurobiologici che determinano il comportamento umano al lavoro — come il cervello gestisce ricompense, stress, empatia e apprendimento. In un contesto segnato da fenomeni come la Great Resignation e l’Industry 5.0, la leadership diventa più umana, empatica e adattiva.
Con” great resignation “ si intende quel fenomeno globale iniziato nel 2021, caratterizzato da un’ondata senza precedenti di dimissioni volontarie, la ragione è da imputare alla ricerca da parte dei lavoratori di migliori climi lavorativi, più umani e in cui il “work and life balance” fosse rispettato”
“Industri 5.0” Invece è un termine che rappresenta una nuova fase evolutiva dell’industria, che integra le tecnologie più avanzate ( ai, robotica e automazione), nel quale l’obbiettivo non è l’efficienza produttiva ma la collaborazione uomo macchina.
Le basi neuroscientifiche essenziali
- Neuroplasticità: il cervello modifica le proprie connessioni sinaptiche in base all’esperienza. Un leader con approccio neurocognitivo promuove ambienti che stimolano apprendimento continuo e adattabilità.
- Dopamina e sistemi di ricompensa: la dopamina regola motivazione e gratificazione. Riconoscimento e feedback attivano circuiti dopaminergici, rafforzando engagement e comportamenti virtuosi.
- Neuroni specchio ed empatia: l’attivazione dei neuroni specchio spiega la risonanza emotiva tra persone. Leader empatici migliorano fiducia e coesione dei team.
- Corteccia prefrontale e decision making: questa area del cervello regola pianificazione e controllo esecutivo. Un buon leader sa creare ambienti che riducono il carico cognitivo e migliorano la qualità delle decisioni collettive.
- Amigdala e gestione dello stress: comprendere i meccanismi neurofisiologici della minaccia permette di costruire contesti sicuri, prevenendo burnout e turnover.
La neuroleadership, quindi, non è una soft skill astratta, ma un insieme di principi neurofisiologici applicati alla pratica manageriale e organizzativa.
Il ruolo di nCoreHR
Le neuroscienze diventano operative quando si integrano con strumenti digitali avanzati.
nCore HR supporta i team HR grazie funzionalità avanzate come a:
- Video interview con analisi AI: lettura di elementi verbali, paraverbali e non verbali per identificare empatia e adattabilità.
- Dashboard analitiche: monitoraggio di engagement e performance con dati correlabili ai principi motivazionali e comportamentali.
- Valutazione soft skills: insight strutturati per decisioni di leadership più informate.
La tecnologia, in questo contesto, non sostituisce l’empatia, ma la potenzia.
Domande frequenti
- La neuroleadership è una scienza?
Sì, si basa su neuroscienze cognitive e comportamentali applicate alla leadership e al comportamento organizzativo.
- Quali benefici offre alle aziende?
Riduzione di stress e turnover, aumento dell’engagement, produttività più alta e clima aziendale migliore.
- Serve un background scientifico?
No. Può essere introdotta tramite formazione e strumenti digitali a supporto dei manager e degli HR.
La sfida
La neuroleadership è un campo scientifico in crescita ma ancora privo di un quadro teorico unificato. Le evidenze attuali offrono però una base solida per costruire modelli gestionali più umani, scientifici e sostenibili, in cui HR e neuroscienze collaborano per creare ambienti lavorativi ad alto benessere e alta produttività.


