HR Trends
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Ottobre 14, 2025

AI nel recruiting: opportunità e rischi di fronte ai candidati “potenziati” dall’AI

Tra CV generati dall’AI e decisioni automatizzate, il recruiting è entrato in una nuova era.

Ti fideresti di un algoritmo per decidere se sei la persona giusta per il lavoro dei tuoi sogni?
Nel recruiting, questa non è più una domanda ipotetica: l’intelligenza artificiale sta già riscrivendo le regole della selezione.
Tra CV “potenziati” dall’AI, video-interviste analizzate dai software e nuove leggi in arrivo, il confine tra efficienza e rischio si fa sempre più sottile.

Come l’AI sta cambiando i processi di selezione, tra efficienza e rischi

Secondo il TIME, oltre il 90% dei recruiter negli Stati Uniti utilizza già l’AI per velocizzare i processi di selezione.
I vantaggi sono evidenti: screening più rapidi, maggiore capacità di individuare talenti e un notevole taglio dei costi.
Come sottolinea il New York Post, gli “AI recruiters” riescono a gestire volumi di candidature che un umano non potrebbe affrontare da solo. 

Tuttavia, la sfida non è solo tecnologica: il futuro del recruiting si giocherà sull’equilibrio tra uomo e macchina.
L’AI può ottimizzare i processi, ma non può sostituire l’empatia e la capacità umana di leggere le soft skills o valutare l’unicità dei candidati. 

In parallelo, cresce anche un rischio concreto: la cosiddetta “resume fraud”.
Secondo Scout Talent, sono sempre più frequenti i CV “troppo perfetti”, scritti o migliorati dall’ AI.
Come racconta il Wall Street Journal, molte aziende stanno reintroducendo controlli manuali, video-interviste o test pratici per andare oltre le apparenze e verificare davvero le competenze. 

Chris McClellen, intervistato da HR Review, sottolinea che oltre la metà dei candidati ammette di aver usato strumenti di AI per scrivere il proprio CV, e molti dichiarano di aver “esagerato” le competenze.
Diventano quindi fondamentali strumenti di verifica come test pratici, simulazioni o domande comportamentali, per distinguere chi è realmente preparato da chi si affida troppo alla tecnologia. 

Strumenti pratici a supporto di recruiter e aziende

Non si tratta di “dichiarare guerra” all’AI, ma di imparare a conviverci e usarla in modo intelligente.
Esperti come GlobalPros.ai consigliano un approccio ibrido:

  1. dotarsi di strumenti capaci di rilevare testi generati artificialmente
  2. stabilire policy chiare sull’uso dell’AI da parte dei candidati, specificando cosa è accettabile e cosa no.

Questo approccio aumenta la trasparenza e tutela la fiducia reciproca tra candidati e aziende.

Con nCore HR l’AI è integrata in modo etico e funzionale:

  • Killer Questions generate dall’AI: domande chiave già in fase di candidatura, utili per verificare requisiti essenziali come esperienza minima o certificazioni obbligatorie. Permettono di filtrare subito i profili non pertinenti, risparmiando tempo prezioso ai recruiter;
  • Soft Skills AI Fit: domande video a cui i candidati rispondono in autonomia. L’AI analizza contenuto, tono e comunicazione non verbale, offrendo insight immediati su autenticità e soft skills e inviando un report ai recruiter e ai candidati.

Come evidenzia il Financial Times, il ruolo del recruiter è destinato a evolversi: l’automazione libera tempo dalle attività ripetitive, permettendo ai professionisti HR di concentrarsi su ciò che conta davvero, la valutazione delle persone e la costruzione di relazioni autentiche.

Il quadro normativo sull’AI applicata al lavoro si sta sviluppando in modo diverso tra Europa e Stati Uniti.

In Europa, l’AI Act introduce un approccio centralizzato: i sistemi di AI utilizzati nel recruiting sono classificati come “ad alto rischio”.
Questo comporta obblighi di trasparenza, supervisione umana e valutazione d’impatto, per proteggere i candidati da pratiche discriminatorie e mantenere fiducia nei processi di selezione.

Negli Stati Uniti, invece, manca una legge federale unificata.
Ogni stato procede in autonomia: California, Colorado e New York City hanno già introdotto regole che impongono audit dei bias, valutazioni di impatto annuali e notifiche obbligatorie ai candidati.
Il risultato è un quadro frammentato ma dinamico, che spinge le aziende a muoversi rapidamente per evitare sanzioni o danni reputazionali.

Per i recruiter e per gli ATS come nCore HR, la compliance sarà un fattore competitivo chiave: saper integrare strumenti innovativi e conformi alle norme locali significherà attrarre i migliori talenti e costruire fiducia nel brand aziendale.

Conclusione

L’intelligenza artificiale sta trasformando il recruiting, ma non sostituirà i recruiter: sarà un alleato strategico.
Le aziende che sapranno combinare tecnologia, etica e umanità costruiranno processi di selezione più rapidi, trasparenti e inclusivi.
Il futuro del recruiting sarà ibrido, etico e strategico.

Domande frequenti:

L’AI sostituirà davvero i recruiter?

No. L’AI automatizza screening e attività amministrative, ma la valutazione delle soft skills, l’empatia e il rapporto umano restano centrali.

Cosa sono le killer questions?

Sono domande chiave, generate anche con l’AI, poste già in fase di candidatura per scremare chi non rispetta requisiti minimi come esperienza o certificazioni.

Quali rischi normativi esistono nell’uso dell’AI per il recruiting?

In Europa l’AI Act classifica l’AI per il recruiting come “ad alto rischio”, imponendo trasparenza e supervisione umana. Negli USA invece ci sono regole locali (es. NYC, California) che prevedono audit e notifiche ai candidati.

Perché si parla di “resume fraud” legato all’AI?

Perché molti candidati gonfiano i CV con strumenti di AI, rendendo i profili così perfetti da sembrare sospetti. Per questo le aziende reintroducono video-interviste e test pratici.

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